Descrizione
La letteratura classica è piena di riferimenti a piante e droghe e di descrizioni dei loro effetti. E sempre le piante sono associate ad una divinità il cui rapporto può essere spiegato solo come metafora di una lunga evoluzione culturale iniziata nel Paleolitico, quando le piante erano dei, dei tanto più potenti quando avevano proprietà allucinogene. Gran parte della mitologia legata alle piante sacre degli dei sembra riflettere questa evoluzione: il racconto mitico doveva avere un senso “pedagogico” per gli iniziati ai segreti divini, forse già in origine tramandato in forma ermetica per proteggere dietro a nomi simbolici il vero nome della pianta “innominabile”.
Sembra allora attendibile l’ipotesi che molte delle mitologie relative al rapporto “divinità-pianta sacra” si riferissero originariamente a dei vegetali psicoattivi, miti che col tempo persero il loro valore “educativo” e così la pianta vera venne “dimenticata”, sostituita sempre più con la pianta simbolica che probabilmente ricordava la pianta “innominabile” per qualche suo attributo: colore, forma, habitat, e via dicendo. Perché, non dimentichiamolo, Demetra era la dea dell’orzo, non della cipolla; Dioniso del vino, non della camomilla…
In questi saggi si ripercorre l’evoluzione di questo percorso culturale per mostrarci come l’uso delle piante psicoattive abbia permeato l’insieme della civiltà greca nelle sue caratteristiche più profonde, quelle degli sciamani, dei veggenti, di Demetra, di Dioniso, di Perseo il “raccoglitore di funghi”, di Glauco, di Giasone l’uomo – droga, di Apollo, degli Iperborei del Mitraismo, di Baubo e la sua danza oscena.