Descrizione
Dall’introduzione di John Zerzan
“Non ho mai incontrato Marco di persona, ma ho intrattenuto una corrispondenza con lui durante questi ultimi anni. Conosco la sua storia di guerriero per la Terra e per la vita e i principali aspetti della sua vita di prigioniero politico.
È stato un grande privilegio per me venire a contatto con il suo spirito e la sua energia formidabili – dall’altra parte del mondo! – e conoscere la profondità della sua visione e della sua critica.
Dietro tutto ciò, un quarto di secolo di appassionata attività ovunque sia stato. Il coinvolgimento di Marco nella lotta cominciò nella sua nativa Svizzera alla fine degli anni settanta, contro l’energia nucleare. All’inizio del 1980 fu arrestato assieme ad altri per aver danneggiato un traliccio e una centrale elettrica nel nord-est della Svizzera. La condanna relativamente severa inflittagli, dieci anni di reclusione, non rifletteva solo la sua resistenza all’autorità dello stato, ma anche la sua già profonda comprensione della posta in gioco. Per Marco, l’ecocidio attuato dall’industria energetica stessa, come parte della distruttività del più generale sistema di dominio, costituiva l’obiettivo legittimo della sua azione diretta.
Evase dal carcere svizzero insieme con altri cinque prigionieri nel dicembre 1981. Durante la fuga una guardia fu uccisa, ma non da Marco. Nel 1989 una guardia di confine fu uccisa a Brusio e le forze di polizia svizzere, sostenute dai media compiacenti, puntarono il dito contro Marco. Dopo aver trascorso quasi undici anni in clandestinità in Svizzera e in Italia, fu catturato (novembre 1992) in seguito a una sparatoria con i carabinieri in Toscana. Questa volta fu condannato a 12 anni di reclusione dalla giustizia italiana, ma fu poi estradato in Svizzera nella primavera del 2002, dopo aver scontato nove anni.
Anche di fronte all’imputazione più grave, l’intransigenza di Marco rimane quella di sempre: totale. Ha dovuto lottare per ottenere persino le più basilari condizioni in carcere e per poter mantenere contatti con famigliari e amici. Fortunatamente, ha potuto contare sul sostegno attivo degli anarchici di varia provenienza, che si sono mobilitati per proteggerlo contro gli abusi estremi dei sistemi carcerari di due paesi.
Marco intrattiene una corrispondenza molto vasta e traduce vari testi antiautoritari, nonostante le condizioni spesso estremamente restrittive della sua detenzione. È uno degli esempi più stimolanti del nuovo volto dell’anarchismo, di una teoria e pratica rinnovata, che non rinuncia a sollevare questioni fondamentali e a condurre battaglie in quest’epoca di crisi sempre più profonda ad ogni livello.
Giorno dopo giorno, diventa sempre più evidente che il cancro globale del capitale e della tecnologia divora sempre più vita in ogni sfera. Un numero crescente di specie, di culture radicate nel territorio e di ecosistemi subiscono attacchi ad ogni livello. Il cancro del formicaio produttivistico globale è sempre all’opera e consuma il suo ospite.
Considerato il suo straordinario impegno nella lotta contro la Megamacchina, in realtà non sorprende che la prospettiva di Marco sia di mettere in discussione la civiltà tecnologica. Per anni ha partecipato di una visione di un mondo che non solo non ha bisogno di essere gestito da un gruppo, da un’élite o da una burocrazia massificata, ma che può tornare a essere libero e sano.
Ciò a cui vengono attribuiti vari nomi – anarchismo ecologico, anticivilizzazione, primitivismo – trova la massima espressione in una vita come quella di Marco Camenisch.
La logica dell’addomesticamento o del dominio della natura è insita nella civilizzazione stessa e continua a manifestarsi. In tandem con una sempre maggiore divisione del lavoro e una rapida tecnicizzazione della vita su ogni piano, l’egemonizzazione sembra continuare a trovare nuovi terreni di applicazione.
Forme di vita geneticamente modificate, vegetali e animali, sono la nuova frontiera del nuovo millennio per approdare al Mondo Nuovo. Tutto nella vita non è altro che un ammasso di materia da progettare, programmare, clonare per mezzo di scienze che non sono mai state così totalmente asservite al paradigma dominante.
Questo modello contamina la nostra stessa percezione della realtà. Una società di consulenza New Age pubblicizza la sua competenza professionale proclamando: “L’amore non è un mistero: è una tecnologia”. Tutto è acqua da tirare al mulino del pensiero strumentale, nulla è al sicuro dall’avanzata della macchina, dall’analogia con la macchina.
La clonazione umana è ormai vicina e quali strumenti esistono per impedirla? La vita diventa sempre più sterile: riprogrammazione con antidepressivi, pianificazione del futuro attraverso l’analisi e la correzione genetica. La natura è ciò che la tecnologia e il capitale decidono che sia, ovvero la fine di qualsiasi sfera non addomesticata. Le foreste naturali diventano arboricolture; le nostre emozioni, agonizzanti sul suolo arido, hanno bisogno di una regolare manipolazione chimica.
Il nemico non sono solo le grandi imprese multinazionali. È l’addomesticamento stesso. Il disastro chiamato agricoltura diventa sempre più visibile e comprensibile ogni giorno che passa, con ogni nuovo livello di penetrazione e controllo. La salute e la libertà ne esigono la fine.
Marco ha lottato per porre fine all’incubo industriale da cui dipende la modernità stessa. Ecco perché può contare sull’affetto e il sostegno di così tante persone. Sono estremamente felice che gli ottimi compagni di Nautilus abbiano dato a noi tutti la possibilità di condividere parte della sua vita”.