Qualche migliaio di anni ci separano da quell’uomo che nelle gelide tundre siberiane o nell’impossibile foresta africana, raccoglieva il fungo o la radice capace di fargli conoscere il lato altro del mondo. Ne dominava la potenza ne traeva la capacità di sentire (e usa) in modo diverso i segni e i segnali di sé e del suo mondo. Un metodo di analisi di indagine che l’ha guidato nei millenni. Almeno quattrocento. L’assunzione di sostanze in grado di modificare lo stato ordinario di coscienza è una pratica vecchia quanto l’uomo; ciò vuol dire che al di là del contesto culturale e temporale la tendenza a vivere esperienze psicofisiche non ordinarie, a trascendere, fa parte della sua intima natura e risulta quindi essere una componente fondante dell’essere umano oltre che un aspetto profondo di ogni cultura e civiltà. Certo qui non siamo nella tundra e siamo nel1996, ma la natura umana sembra orientarsi sempre nella stessa direzione. Culture diverse e sostanze diverse, ma chi oggi vuole negare la possibilità di usare le droghe, siano anche solo l’alcol e il tabacco, non riconosce o non ha alcun rispetto per il diritto, di ogni persona, di essere padrona di se stessa. Il proibizionismo (che in Occidente prima si chiamava inquisizione e ancor prima cristianizzazione), visto attraverso la lente della libertà, è un metodo per impedire una crescita individuale autonoma a vantaggio di ideologie autoritarie, che impongono valori utili a chi vorrebbe il potere morale e materiale della società. Chi pretende o detiene il dominio sugli esseri umani ha fatto della gestione delle sostanze psicoattive un’arma per salvaguardare il proprio privilegio. In quest’ottica, oggi, tutte le droghe: alcol, cocaina, LSD, eroina, cannabis, ecstasy, ecc. servono anche a questo. Ognuna in modo diverso assolve alla funzione che la morale e l’economia le ha assegnato, che siano lecite o illecite, legali o meno. La figura del consumatore, del malato, drogato, o vizioso, (con tutte le sue implicazioni culturali e sociali) che viene assegnato al visionario, all’insofferente, al gaudente, al ricercatore, al curioso, è codificata sino a diventare un ruolo sociale e produttivo. Di per sé non ci sarebbe nulla di male, per chi usa queste sostanze, nell’assolvere un ruolo nel processo sociale ed economico; già lo fa, lo voglia o no. Oggi però a cementare il costume, a far girare l’economia è la criminalizzazione del drogato, l’ignoranza nell’uso delle sostanze, l’interessata negligenza nel sondarne le possibilità di utilizzo per l’uomo contemporaneo. Il paradosso e che le droghe, come in passato, continuano ad essere sempre estremamente importanti ma con un segno negativo per l’uomo. Questo ribaltamento di significato è frutto del proibizionismo, che deve essere combattuto senza mezze misure. Regolamentazioni, legalizzazioni, depenalizzazioni sono concetti che appartengono ai politici, ai poliziotti, agli economisti, ai legislatori, ai moralizzatori. Si possono accettare come il male minore, ci si può adattare alle restrizioni per comodità o quieto vivere, ma non si può concepire di dipendere, anche e soprattutto in quest’ambito, da altri uomini.
Torino 16 novembre 1996 – I RIBELLI DI CAPITAN NEMO