Inquietante e osceno, è ciò che si sarebbe tentati di pensare nel leggere questo racconto di Georges Bataille perché testo come in altre sue opere accomuna, spingendole al parossismo, sessualità e morte.
Può sembrare crudele, oltraggioso, scandaloso, blasfemo, ma leggendolo con attenzione, si scopre molto più di questo. Al di la del carattere perverso, o pornografico, ciò che si rileva è un approccio diverso all’eros: piacere e dolore sessuale, entrambi intimamente connessi, appartengono al dominio del sacro. Non riconoscerlo non è darsi i mezzi per capire la natura umana.
Bataille ha incominciato a scrivere questa storia nel 1942, ma l’opera è stata pubblicata nel 1964, due anni dopo la sua morte. In quell’anno Bataille era affetto dalla tubercolosi e si trovava in Normandia; ed è nella prostrazione della malattia, in quello stato d’animo estremo che Il morto prende luce: “legato all’eccitazione sessuale delirante dove ero, (…) Ero malato, in un oscuro stato di sconforto, orrore ed eccitazione”. Da qui la sua intensità e il suo potere scandaloso, l’eccesso di desiderio mescolato al fascino dell’orrore, in un equilibrio tra passione e animalità.
L’intensità e lo scandalo della storia è dovuta al suo aspetto sacrilego e al disprezzo per la morale; raramente il lutto è stato descritto in modo così lussurioso. La morte e il sesso, il godimento frenetico, l’orrore e il sublime finiscono per confondersi: “Culo nudo e pancia nuda: l’odore del culo e del ventre insalubri era l’odore stesso della morte.”