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Treni ad alta velocità

L’epopea di paccottiglia elaborata dall’ideologia dei cavalieri d’industria, golden boy e simili ronzini avrà finalmente portato i suoi frutti.
La desertificazione delle campagne l’ammucchiarsi in periferie e città invivibili, l’omologazione delle esistenze, la scomparsa di ogni comunità possibile come di ogni individualità profonda, la vita dominata totalmente dagli imperativi economici, il tempo detto libero e gli svaghi divenuti essi stessi merci, il crescente sentimento dell’assurdità di una simile vita.
Vi è una specie di armonia finora poco turbata fra potenti che dettano quel che deve essere la vita e poveri che hanno perso l’idea di ciò che potrebbe essere; industriali dell’alimentazione o della cultura adulterate e consumatori messi nell’incapacità di gustare altro; pianificatori che nulla ferma nella loro distruzione di città e campagne e abitanti che nulla trattiene dove si trovano all’infuori dell’incatenamento a un lavoro qualunque; tecnocrati ai cui occhi paesi e paesaggi esistono solo per essere attraversati sempre più velocemente e utenti sui trasporti con sempre maggior fretta di fuggire dalle città divenute invivibili lanciandosi in massa sulle strade, nelle stazioni e negli aereoporti.
Se non vogliamo imparare a essere infelici, sappiamo essere liberi. La prima libertà da prendere consiste nel giudicare e denunciare le nocività.

(Liberamente tratto da Treni ad alta nocività edizioni Nautilus 1994) senza data

 

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