Riproponiamo in queste pagine la genesi del libro La Rivolta delle macchine o Il pensiero scatenato e la sua traduzione pensando all’attualità che rappresenta questo discorso, a quasi un secolo di distanza: una testimonianza profetica di quello che oggi rappresenta la deriva della comunità umana, lo sterminio della natura, l’occhio artificiale che controlla ogni movimento e sentimento dell’uomo e la barbarie del potere. In questa comunità di umani che si arrocca su una montagna possiamo assistere al laceramento di ogni rapporto sociale dovuto all’incubo che le macchine rappresentano. Ogni forma di civiltà viene meno e gli uomini ritornano ad uno stato di abbrutimento dove vige soltanto la legge del più forte, del più prepotente, del più furbo. Ma c’è ancora qualcuno che non perde il lume della ragione, in questo caso una donna che sa rimettere sui giusti binari la vita delle persone dove i più deboli possano ancora trovare uno spazio privilegiato per loro. Forse non tutto è perduto, si può ancora intravedere uno spiraglio di luce, in un ritrovare antichi ritmi, in ribaltamenti o adeguamenti di ruoli secondo nuovi (antichi) principi di solidarietà, nell’amore che nasce un po’ spensierato e ironico. Anche se il rumore delle macchine riprende, ogni volta, sempre più minaccioso e gli uomini perdono il controllo di quello che hanno “creato”.
Il potere che la tecnologia fa acquisire all’uomo che detiene il controllo sulle macchine è anche quello che lo sottrae allo stesso rendendolo un suo strumento. Soltanto dove ci si sottrae al potere della tecnologia creando delle zone franche che “rinuncino” ad un progresso che non è più tale, può rinascere il cammino dell’uomo verso la riconquista della sua umanità. Un percorso à rebours contro la disumanizzazione.
Quale migliore occasione per Rolland e Masereel far riflettere sul rapporto uomo-macchina se non utilizzando il cinema, che fu insieme il prodotto e il promotore del secolo che si apriva, l’illusione di riprodurre la realtà, di giocarci a piacimento, di trasfigurarla, di cancellarla e inventarne un’altra che si adegui maggiormente ai nostri sogni e ai nostri ideali.
Fra il cinema e il secolo della fisica dei quanta, ce ne accorgiamo oggi, si intrecciarono subito modi di intesa fruttuosi. Il cinema nasceva con caratteri comuni a molte altre avventure intellettuali per il tempo che si apriva. Alla scoperta della macchina da presa non si arrivò per una infuocata urgenza espressiva. Fu una invenzione tecnologica a promuovere prodotti il cui imprevisto carattere dette poi luogo a un arte nuova. Ma questa priorità, della tecnologia su tutto, e la casualità conseguente appartengono in modo peculiare al profilo del Novecento e sono il risultato della lunga riflessione positivista sulla finalità delle scienze. Risultato anche della crisi di quella riflessione, con lo sganciamento naturale del fare, o della pratica, dalla metafisica.