I regimi liberali dell’Occidente avanzano verso un modello di gestione politica e organizzazione sociale che si potrebbe definire fascismo democratico. Condividendo con i fascismi del passato due tratti fondamentali (assenza di critica e opposizione interne unita alla spinta espansionistica verso l’estero detta oggi globalizzazione) possiede però due caratteristiche che lo contraddistinguono come novità storica: la de-politicizzazione della cittadinanza e la tendenza a celare le dinamiche autoritarie delegandole al suddito che in questo modo diventa sempre più il poliziotto di sé stesso e di tutti gli altri.
L’indagine per tentare di risolvere questo Enigma della docilità muove i primi passi dalla scuola, e scorrendo la biografia dell’autore se ne capirà il motivo. Pedro García Olivo nasce nel 1961 a Fuente-Álamo (Albacete, Spagna); dopo la laurea in Storia e Geografia all’Università di Murcia si reca in Nicaragua al tempo dell’assedio alla Contra, lavorando in cooperative di assistenza agli sfollati di guerra, mentre a fine anni ’80 è in Ungheria come ricercatore all’Università di Budapest. Tornato poco dopo in Spagna diventa professore liceale, praticando deliberatamente l’insubordinazione fino ad abbandonare l’insegnamento: per otto anni si dedica alla pastorizia in un villaggio dell’entroterra di Valencia ma, per problemi economici, nell’estate del 2001 torna all’insegnamento. Nell’ottobre 2010 rinuncia definitivamente all’educazione: «ho smesso di lavorare e di obbedire, dedicandomi all’esperienza “demoniaca” dell’estinzione in libertà». Fedele a una delle massime della filosofia antica (“pensare la vita, vivere il pensiero”) e quasi come i cinici antichi, comincia un processo di realizzazione esistenziale che è anche un gesto di rivolta disperata, arrivando ad accettare aiuti e contributi economici, senza per questo sentirsi né umiliato né lusingato: «oggi ripongo il mio orgoglio residuale nella fuga dal lavoro e dalla scuola; e mi si può considerare come un autore mendicante».
L’opera di García Olivo parte dalla critica della pedagogia e di ogni tipo di scuola, anche quelle cosiddette libertarie e gli esperimenti pedagogici “alternativi”, con la pubblicazione de El irresponsable nel 2000, e prosegue con El enigma de la docilidad (2005) e L’educatore mercenario (2007) finora unico suo testo tradotto in italiano da Sprofessori (disponibile in rete); in sintonia con le idee sulla de-scolarizzazione di Illich, si è ispirato anche ad alcune esperienze di paesi perlopiù sudamericani, dove si sta cercando di abbandonare l’educazione all’occidentale e di sostituirla con pratiche che negano la reclusione obbligatoria dell’insegnamento (le classi, i banchi, i computer…) e mettono in discussione il rapporto squilibrato, autoritario o amichevole poco importa, tra la figura dell’educatore-demiurgo e quella dello studente.
La presentazione di questi libri lo porta non solo in giro per la Spagna ma anche a essere invitato in molti paesi del Sud America: La bala y la escuela (Il proiettile e la scuola, 2009) è una feroce critica non tanto dei danni che i nostri regimi stanno compiendo qui, in Europa, quanto di come essi esportino democrazia a colpi di arma da fuoco e libri di testo. Durante un viaggio nelle comunità zapatiste del Chiapas messicano ha preso alcuni “appunti filmici” che sono stati raccolti nel documentario Cuaderno chiapaneco, che si potrà eventualmente proiettare alla fine delle presentazioni.
Infine, e L’enigma rappresenta proprio questa svolta, la sua attenzione si è concentrata sulla critica della nostra società nel suo complesso: nei suoi ultimi due libri (Cadavér a la intemperie e Dulce Leviatán) insiste sulla critica dello Stato del Benessere e analizza il ruolo storico e contemporaneo delle opposizioni – che spesso purtroppo si limitano alla superficialità, o peggio all’ambiguità se non addirittura alla complicità con il “nemico”, come nel caso spagnolo del movimento degli indignati o quello italiano dei 5stelle, ad esempio. Motivo per cui, essendo così forte la corrente ricuperatrice e così poco incisive le pratiche antagoniste, per non dir di peggio, la seppur minima speranza di trasformazione si può ritrovare in movimenti, gruppi e singoli individui che hanno scelto di vivere ai margini di questa società, collaborando il meno possibile con le sue istituzioni e con i suoi mercati, come nel caso della comunità gitana spagnola, o delle comunità residuali di montagna, o degli esperimenti di vita collettiva che si realizzano in ambiente sia urbano sia rurale, eccetera.
Quindi, per concludere, ecco una breve traccia degli argomenti che saranno affrontati durante le presentazioni e i dibattiti:
1) Presentazione della Anti-Pedagogia; critica del riformismo pedagogico; critica delle Scuole Libertarie; analisi delle pedagogie bianche interculturali contemporanee; critica radicale di ogni forma di Scuola. Descrizione e negazione delle pratiche scolastiche “progressiste” che riproducono nel migliore dei modi il demofascismo occidentale.
2) Accenno ad alcune modalità educative non scolarizzate: educazione comunitaria indigena, educazione tradizionale in aree rurali-marginali, educazione di clan dei popoli nomadi, “scuola familiare”, educazione alternativa non-istituzionale … La Scuola e il suo Altro. Educazione senza scolarizzazione. Nemici della scuola per amore dell’educazione. Pratiche educative autoctone spazzate via dalla mondializzazione della scuola di impianto occidentale…
3) Critica radicale delle società democratiche occidentali (che sono in crisi epistemologica, filosofico-culturale, etico-estetica, politica, socio-economica, ecologica…). Globalizzazione capitalista altericida; la scuola implicata nello sterminio planetario del dissenso e della differenza.
4) Fascismo e democrazia. Teoria del demofascismo o fascismo democratico. Dissoluzione della differenza in diversità. Il “poliziotto di sé stesso” dei giorni nostri. Sull’avvento della Soggettività. La scuola del demofascismo.
5) Apologia dei margini (a proposito di indigeni, antichi pastori e persone non classificabili). I margini come spazio del vissuto (la fuga come arma). Fuga, margine e disperazione. Filosofi senza scuola e perfino senza alfabeto.
6) Critica dello Stato del Benessere. Critici, vittime e antagonisti dello Stato sociale. Critica del “lavoro sociale”. Socialcinismi (conflittualità conservatrice versus autocostruzione etica del soggetto). Critica dell’ideologia cittadinista e dei movimenti favorevoli allo Stato sociale.
Nautilus, febbraio 2015 – www.nautilus-autoproduzioni.org