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CONTRO TUTTI

CONTRO TUTTI GLI ASPIRANTI POLITICI E I LORO PRESUNTI MOVIMENTI
In questo periodo in Italia assistiamo ad una serie di proposte di legalizzazione delle occupazioni degli spazi autogestiti proveniente da varie forze della sinistra istituzionale (PDS, Rifondazione, Verdi, Rete, eccetera) e da alcuni centri sociali.
Legalizzare vuol dire ricondurre sotto l’imperio della legge di Stato tutte quelle esperienze di vita che in varia misura vi si sono sottratte.
Per noi, ciò significa, nella pratica, rendere impossibile l’autogestione soffocare ogni tensione di rivolta. È chiaro, infatti, come queste proposte si inseriscano in un più ampio contesto. Lo Stato, da una parte, cerca di recuperare sotto il suo controllo le molteplici esperienze delle occupazioni e degli spazi sociali, dall’altra parte, una sinistra ormai priva di contenuti – ad eccezione di quelli, ripugnanti e gregari, del Lavoro e dello Stato di diritto – vuole creare una nuova adesione di massa in nome di un intento, ancora una volta, Unitario: fronteggiare l’unico nemico da combattere – la destra sociale.
Autogestione vuol dire la possibilità di stabilire da sé, secondo il principio della responsabilità individuale ed il metodo dell’unanimità, le regole della propria esistenza. La pratica autogestionaria nella realtà degli spazi sociali (uno e non unico luogo della sua sperimentazione) ha, come necessario presupposto, la massima autonomia possibile nei confronti dello Stato e di tutte le strutture fondate sulla gerarchia. Non può essere, quindi, estranea a qualsiasi tipo di ingerenza (sotto forma di finanziamento o di controllo burocratico) da parte delle istituzioni.
Ci rendiamo conto, peraltro, di come l’esperienza di occupazione e di centro sociale volte prioritariamente all’aggregazione (cioè alla creazione di un gregge) possono tranquillamente prescindere dal metodo dell’autogestione, che, svuotato dei suoi contenuti, si rivela una mera etichetta.
Proprio perché affermiamo la più ampia libertà di decisione e di sperimentazione dei singoli spazi, rifiutiamo ogni tentativo di imporre una linea di legalizzazione; tanto più che sui suoi effetti, la situazione internazionale offre degli esempi fin troppo eloquenti: laddove si è diffusa, la norma di Stato è prevalsa spegnendo ogni carica sovversiva (così a Berlino, a Ginevra e a Parigi).
Queste valutazioni minime ma fondamentali, vengono riconosciute in questa assemblea come “comuni” a tutte le realtà presenti e servono da stimolo per una eventuale e più approfondita discussione.
Il metodo seguito nello stilare questo “documento” è, come sempre, quello dell’unanimità, intendendo con ciò l’espressione del consenso separato ed individuale da parte di ognuno.
Non ci spacciamo dunque per i rappresentati del Movimento dei centri sociali di tutto il mondo.

Esiti dell’assemblea di Torino del 20-21 novembre 1993

(Seguono 45 firme tra cui quella di NAUTILUS)

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