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Introduzione (ALTROVE N°3 – 1996)

INTRODUZIONE

Il piacere di licenziare un nuovo numero di Altrove, il terzo per la cronaca, è grande. È dato in parte dal pregustare la vita futura che esso avrà, fatta di incontri, scambi di informazioni, nuove e vecchie persone; un piacere esterno, dato dall’impatto della rivista con il mondo, e in parte proveniente da sé, dal confronto con i precedenti numeri e soprattutto con ciò che i primi volumi hanno portato con loro, da ciò che essi hanno saputo dare, e hanno ricevuto dalle persone.
Non a caso Altrove è una rivista e come tale – a differenza del libro – ha una vita diversa, dilatata nel tempo; la sua periodicità le permette di essere flessibile come una sonda, può muoversi, per esplorare l’ambiente circostante e può anche, torcendo il capo senza sforzo, esaminare se stessa. Senza cadere nell’autocontemplazione e tantomeno senza voler tirare alcun bilancio, bisogna ammettere che questa sua periodicità permette anche all’equipaggio di modificare opinioni, correggere la rotta, senza bruschi colpi di timone, e senza che il veicolo rallenti né tantomeno si arresti.
Nell’introduzione al numero scorso della rivista facevamo alcune considerazioni sull’importanza di definire con correttezza le sostanze psicoattive, perché riteniamo che è attraverso la parola e il suo significato che si creano gli archetipi a cui si accorda il nostro immaginario e la nostra coscienza.
Nel recente incontro della SISSC tenutosi a dicembre a Milano, una bella relazione di Carlo Buono sullo stesso tema proseguiva l’indagine ampliandolo e approfondendolo; bisogna che il dibattito prosegua perché anche in questo versante, servono più ricerche e maggiore riflessione: la posta in gioco è la possibilità di contribuire a creare le condizioni per uno sviluppo corretto del senso delle esperienze con sostanze psicoattive.
Non siamo soli nell’investigare. ALTROVE non è un fatto isolato, una luce nel buio. L’interesse in Italia per le sostanze psicoattive o per quella che viene definita la nuova psichedelia è aumentato a livello generale e in maniera multiforme. Non è detto che tale aumento sia sempre ed esclusivamente un fatto positivo e così capita di trovare gli scaffali delle librerie generosamente riforniti di materiale di seconda o terza scelta, il cui effettivo apporto alla conoscenza è quanto meno vacillante. Non un invito a diffidare dalle imitazioni, poiché alcun diritto di copia esiste su Altrove come supporto cartaceo, e tantomeno nei contenuti che trasmette, ma una buona dose di discernimento, un approccio attivo nella fruizione delle informazioni, una dieta culturale personalizzata, per non rischiare di languire nell’ignoranza, ma soprattutto per evitare abbuffate, indigestioni, frenesie accumulative, pericolosi strati di adipe informativa inutilizzata che andranno a soffocare gli organi vitali della consapevolezza. In questi tempi di Informatizzazione totale, di Informazione globale non crediamo sia possibile sottoscrivere ciecamente che la liberazione dell’individuo passi attraverso la quantità di informazioni, di dati che esso riceve dall’esterno. Gli spauracchi dell’oscurantismo, dell’analfabetismo (in senso ampio) sono lontani e passati e sinceramente sembra preoccupino più chi deve smerciare informazioni di quanto tocchino i fruitori-destinatari.
Succede altresì di imbattersi in novelli operatori economici, cercatori di reddito pronti a sfruttare l’onda, cercare di intrufolare il business dove non vorremmo.
Per chi si muove in questo campo sarebbe alquanto facile e “naturale” oggigiorno buttarsi a capofitto nella specializzazione editoriale e non, divenire degli “esperti” e come tali porsi sul mercato al miglior offerente.
Questo vorrebbe dire in poche parole buttare a mare il metodo con cui si è giunti sin qui con ottimi risultati e abbracciare ciecamente la causa dell’informazione (dell’economizzazione dell’informazione) rendendo il contenuto una semplice merce e farla fruttare.
I risultati certamente non mancherebbero. Le maniere per lucrare, o ricavare un reddito, potrebbero essere infinite (stage a pagamento sull’utilizzo delle solanacee psicoattive, vendita per corrispondenza di rospi psichedelici da allevamento, arretrati al prezzo doppio di copertina, gadget di ogni tipo, settimane psichedeliche alla ricerca della psilocybe semilanceata unmilionetuttocompreso, e via di seguito…).
Nautilus non è così, Altrove non è così, nessuno vuole trasformare la ricerca in un lavoro a tempo pieno; Altrove come annuario è più legato all’anno solare che a quello economico, e nessuno ha voglia di barattare una sana escursione in montagna, con un incontro dal commercialista. Nautilus non ha interessi economici, non ha “nicchie di mercato” da sfruttare o da difendere, copyright da riscuotere, nessuna banana alla moda da vendere, prima che sia troppo matura. Qualcuno -Vaneigem- diceva (cito a memoria): “Ogni godimento è creativo quando evita lo scambio. Se non costruisco nell’amore di quello che mi piace una zona di vita il meno possibile esposta alla polluzione mercantile, come potrei proteggere i miei desideri contro il condizionamento dominante? Il godimento sfugge alla merce solo a condizione che la distrugga, ma esso incomincia a distruggerla solo a condizione di sfuggirle sia pure per breve tempo. Nel mio rifugio penetrano esclusivamente i miei piaceri, sfuggo alle grinfie della coercizione, non sono che per me stesso, secondo le mie affinità”. Cogliamo in queste parole lo spirito che ci piacerebbe appartenesse a quanti si muovono in questo (e non solo questo) campo, un buon indicatore per scegliere gli amici, quelli coi quali proseguire il viaggio. Crediamo sinceramente questa sia la via migliore, di certo non la più facile e sicuramente la meno reddittizia.
Il primo e il secondo numero della rivista sono esauriti.

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