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Nautilus 25 anni

Nel 1981 iniziava il viaggio di Nautilus, un collettivo che da 25 anni porta avanti un’attività – per lo più editoriale – legata ai principi dell’autogestione e alla pratica dell’autoproduzione.
Chi nel 1981 accese i motori di Nautilus e si diresse in mare aperto con gli altri marinai saliti qualche tempo dopo, era – e continua ad essere – animato dal desiderio di agitare e sostenere la libertà, contribuire alla crescita di una comunità umana che elimini, nella vita quotidiana e nei rapporti sociali ed economici, la disuguaglianza, l’oppressione, il dominio. Ognuno con un diverso temperamento e sensibilità, ma tutti determinati a rendere pratico il desiderio di una vita senza tempi morti, impedire la trasformazione di noi tutti in merce; tenere nautilus lontano dalla costrizione della cultura omologata e dello spettacolo, o da quant’altro rende l’agire umano costretto e quindi non libero.
Nelle iniziative che promuoviamo o alle quali partecipiamo, ci sforziamo di rifuggire le leggi del mercato e dello Stato: nessuna remunerazione per qualunque tipo di attività manuale o intellettuale che sia, nessun copyright, nessun notaio o contratto, sostituiti da gratuità, mutuo appoggio, complicità e piacere. Abbiamo condiviso vita, sogni e avventure con donne e uomini di gruppi anarchici, centri occupati, collettivi postsituazionisti, punk, antiproibizionisti, neopsichedelici, primitivisti e quant’altri hanno avuto e hanno voglia di accompagnarci nel nostro viaggio. Con loro abbiamo editato libri e riviste, e poi fatto manifesti, video, dischi, feste, convegni, conferenze, presentazioni, lotte. Senza di loro Nautilus si sarebbe arenato ben presto. È la stretta sintonia col sentire di queste persone e delle altre migliaia impegnate a combattere e eliminare chi e quanto ci impedisce di vivere da donne e uomini liberi, che ha fatto di Nautilus quello che è.
Questa è l’occasione per ringraziare tutti: senza di voi le nostre vite sarebbero state diverse, subiremmo ancora più duramente i colpi di quella meschinità diffusa, di quella mediocrità dell’esistente, di quell’ottusità del pensiero, che la nostra società produce e diffonde e a cui abbiamo cercato e cerchiamo – voi e noi – di sottrarci con tutte le forze.

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